
Non so perché si dica “Ho visto un film”.
Mi pare riduttivo.
Ci sono film, e questo è il caso che, a mio modo di vedere le cose si ascoltano.
Dopo aver ascoltato questo film, ecco qualche impressione: direi quattro.
La prima: questo è un film che parla di un padre.
Non è straordinario?
Questo è l’aspetto che rende il film davvero alternativo, quasi fuori moda.
Nonostante il personaggio materno sia comunque gigantesco anche se invisibile, il protagonista è un maschio, eterosessuale e padre.
E se ne parla persino bene!
Mi pare strano che nessun paese lo abbia censurato eppure è così.
Forse lo hanno chiamato Captain (Kaptn) Fantastic proprio perché parlare bene di un padre oramai è fantascienza.
Lo sappiamo bene qui, in Italia, dove nel 70% dei casi di separazione, la casa viene affidata alle mamme, la collocazione dei figli presso le mamme supera il 90% e l’assegno di mantenimento da parte dei papà oscilla, a seconda degli anni, fra il 94 ed il 96%.
La famosa parità.
94 e 96 sono numeri pari, in effetti.
Il genitore maschio soccombe ad un impoverimento economico e psicologico.
Sono negate le opportunità concesse alle madri in termini di tempo trascorso coi figli e così, anche ai figli viene negata un’opportunità: quella di imparare qualcosa dai maschi che non sia il calcio, in rare occasioni.
Mio papà mi ha insegnato a succhiare la benzina dai serbatoi delle auto, mi ha fatto ascoltare i Credence, mi ha insegnato a limare i coltelli proprio come Ben.
Non ha mai indossato completi così di merda come quelli che Ben indossa nel film, però.
Mio padre mi ha insegnato che abbiamo tutti dei vizi e se la gente li considera cose sbagliate beh, peggio per la gente perché per noi, i vizi sono hobbies.
Mio padre mi ha insegnato a guidare.
Il primo giorno di foglio rosa mi ha portata sul Grande Raccordo Anulare e mi ha detto “Guida” e io ho guidato.
Non mi aveva detto di frenare però quindi abbiamo preso un furgone di quelli che vendono i vasi di ceramica e i nani da giardino, per la strada, presente?
E’ da lì che mi porto dietro un sacco di sfortuna: da quando ho fatto fuori una dozzina di nanetti.
Le loro anime ancora mi bastonano.
I padri vorrebbero insegnare ma devono chiedere il permesso.
A volte devono chiederlo ad un giudice.
Quindi, la prima impressione su questo film non è un’impressione ma uno spunto ad aumentare il tempo didattico a disposizione dei padri.
Forse i figli torneranno a casa zozzi luridi e spettinati ma queste non saranno le uniche cose bellissime che potrebbero succedere loro.
Seconda impressione: che è più una domanda, in realtà.
La domanda costante che risuona in testa è “Chi sono i veri matti?”
Per me è un argomento cruciale, c’ho scritto anche un libro sulle persone apparentemente sane da rinchiudere a doppia mandata.
Provate a chiedervelo mentre guardate e ascoltate: chi sono i veri disagiati? Gli infelici, gli ignoranti, chi sono i veri disadattati?
Domanda pericolosa soprattutto se subito dopo ci si chiede “E noi chi siamo?”
Tranquilli, non è che ci si debba sempre fare domande.
Anzi.
Terza impressione: mi spiace, un’altra domanda scomoda.
Perché i più fighi sembrano perdere sempre?
Perché nella vita reale sono i buoni a morire?
Perché la gente retta, pura e leale la piglia sempre in culo?
Nel film, in svariati momenti, appare chiaro come Ben non abbia speranza di sopravvivere di fronte ad un ipotetico incontro con la polizia.
A noi capita solo il sabato sera rientrando a casa.
A Ben tutta la vita.
Per tutta la vita corre il rischio che gli portino via i figli per metterli in mano agli assistenti sociali, associazione a delinquere, immagino anche negli USA.
Per il sistema, Ben è un fricchettone sfigato.
Alla domanda “Perché i fighi sembrano perdere sempre”, io mi son data questa risposta consolatoria: perché la vittoria, al di fuori dello sport, è sempre stata fraintesa.
Le prerogative su cui si basa il concetto di vincitore sono sempre le stesse, da migliaia di anni: forza, supremazia, potere, denaro, scaltrezza.
Ho incontrato persone che considerano Berlusconi un vincitore.
Capite?!
Sotto questo aspetto è davvero arrivato il momento di emanciparci.
Il concetto di vittoria non ha bisogno di essere modificato.
Noi si.
La nostra mentalità ha frainteso: vince colui che compie azioni che riescono a rendere contemporaneamente orgogliosi lui stesso e gli altri.
Si! Vince chi produce cose o parole che fanno vincere anche la comunità (e per questo Berlusconi è un perdente).
Si vince quando avanza il livello intellettuale di tutti e gli ingredienti per farlo avanzare sono pochi e semplici, come nelle ricette di Wilma De Angelis, come nelle tecniche per succhiare benzina dai serbatoi.
Quarta ed ultima impressione: abbasso il sistema.