Un aiuto concreto per tutti coloro che vogliono farsi accettare nel mondo dell’enologia più d’avanguardia.
Cosa posso fare per farmi finalmente accettare da quei guru che sanno tutto di vino?!
Cosa devo fare per far credere agli altri di essere una di quelli che bevono vini sentendo il tappo e tutti quelli aromi bizzarri?
Come devo comportarmi per fingere di essere una che la sa lunga di viticoltura mentre invece non ne so un cazzo di niente, come del resto tutti quelli seduti in questo bistrot macrobiotico, gourmet e fashion?
Come posso trasformarmi all’istante in un’eletta che fa parte di quella selezionata cerchia di puristi che bevono solo vini naturali, del contadino, del Terroir Sauvage?!
Ho letto che ci sono delle cose semplici e immediate da fare. Innanzitutto è essenziale che io, il contadino non lo abbia mai fatto in vita mia e che le vigne io le abbia vedute solo dal finestrino dell’auto in Chianti mentre andavo alla Spa Resort.
Questo prima di tutto.
Poi è necessario che io abbia un bel conto in banca allegrotto per poter entrare nelle enoteche cult e cercare solo le etichette in carta riciclata, quelle più carine che sembrano fatte dai bambini con le matite colorate oppure quelle con gli stemmoni araldici e la carta sbiadita.
Dopodichè non devo dimenticarmi che più una bottiglia puzza di cesso pubblico più dovrò gridare ai quattro venti che si tratta di un uvaggio straordinario, di un vino esagerato, miracoloso!
E’ semplice: più fa cagare, più sa di città indiana e di maiale in decomposizione sull’autostrada, più il vino è un’avanguardia.
Poi: il vignaiolo.
A meno che non lo abbia già fatto lui e messo online sul suo sito, bisogna inventarsi qualche fregnaccia borderline sulla vita del vignaiolo.
Bisogna fingere di conoscerlo, di aver fatto qualche giorno di ritiro nel suo eremo, bisogna raccontare che quel vino è così perché il vignaiolo mangia solo fiori di campo e caga nella turca che fu di un santo profeta.
Poi si racconti la vita del produttore immaginandosela più di merda possibile.
Ascoltando i discorsi nelle enoteche più in, ho dedotto infatti che, più il vignaiolo appare disadattato e più il suo vino è leggenda.
Più narrerete le sue transumanze sulle Alpi coi ceppi sulla groppa dei suoi gnu in via d’estinzione, più gli altri penseranno che di vini ne masticate, eccome.
Basta immaginarsi sempre il peggio, è facile.
Vi chiederanno come mai, uno che fa una vita così di merda vende le sue bottiglie a cento euro l’una.
Non preoccupatevi: vi basterà rispondere che le sue bottiglie sono pezzi unici, a numero chiuso, pietre filosofali conservate nelle stesse botti che furono di Abramo.
Vi basterà dire che i vini non sono filtrati perché i lieviti che hanno scelto di morire in ciascuna bottiglia sono ancora lì con le loro anime, a trasmettere poteri esoterici a chi berrà le loro spoglie.
Vi basterà dire che sono filtrati perché così ha voluto lo Chef del talent show e l’udienza è tolta.
E poi occorre annuire sempre.
Annuire con gli occhi socchiusi e la voce roca.
Vi crederanno.
Sarete sovrastimati come desiderate e forse, come i vini che state bevendo.