Laggiù,
donde la terribil zona industriale
s’avventa contro i confini delle regioni abitate,
conficcato nella terra come lama di spada
a contaminarne il cuor pulsante,
lì sorge il mostro dalle mille ruote di carrelli
che stridono al cielo implorando monetine
e dai mille volti maligni e sorridenti
che richiedono la carta fedeltà.
D’estate il ghiaccio aleggia pe’ i corridoi
a similar guisa delle lastre che Dante incontrò in Giudecca
o al girone infernale dei dipendenti Bo-Frost
di cui forse Dorè incise i volti sofferenti
in qualche tavola perduta Dio sa dove.
D’inverno schiatti come dentro a una fornace
e ti vorresti denudar perfin dell’epidermide
come fece San Bartolomeo molti anni addietro
e molto prima dell’invenzione
dell’orribile caverna chiamata mercatone.
Corsie plasmate in fòrmica, graniglia e compensato,
scaffali in ferro sordido e musica italiana
che sempre scongiurasti di subire in filodiffusione
e invece lì la trovi
a violentar le orecchie tue innocenti.
Cassiere come cerberi e Caronte è il direttore
Che traina scatolame col segway maligno.
Gli sconti mai combaciano
con ciò che batteranno
al ritmo spaventoso del marchingegno mai evoluto.
E’ lui, il calcolatore
In gergo detto cassa
a decretar la fine del tuo supplizio serale
con l’ultima, malvagia piaga del portafogli depredato.
Così io vedo moltitudini di fanciulle
trasfigurate dal peso sociale d’esser chiamate massaie.
Vedo impiegati che comprano per non pensare
e anziani lì, piegati su sé stessi a calcolare
per capire se coi pochi loro spiccioli arriveranno al pasto.
Così io vedo orrende
le multinazionali con fauci e falangi di sangue riempite,
tutte impegnate a differenziar segmenti
offrendo all’occhio inesperto mille marchi con dietro un solo volto
spacciando veleni e feci alimentari
come fossero nettare per angeli in cui riporre fede.
E poi vedo primizie
buttate al primo cenno del lor decadimento
e sento il grido di animali nati e morti in scatoletta
mentre il tuo bimbetto grasso sbraita e inneggia all’aspartame.
Vedo controlli sanitari che negano l’umano
in nome del sacro preconfezionato.
Vedo pietanze dure come ciabatte al sapor di gomma pneumatica
spacciate per delizie al povero vegano.
E se il Signor Buon Dio un giorno s’adirasse
con ancor più stizza apprenderebbe
che la Monsanto da tempo gli ruba le sembianze
fregiandosi di molti suoi poteri
regnando in cielo, in terra e comprandosi poderi.
E tu, o supermercato gli dai spago e sei schierato,
mi batto il petto e dico, non ce fossi mai entrato.